Depurare l’acqua del rubinetto di casa è davvero necessario? Si tratta di una domanda molto frequente, alla quale spesso si risponde con un secco “NO”, non è necessario.
Bisogna ammettere che in parte questa affermazione è vera, perché l’acqua potabile che arriva nelle nostre case è sicura ed è ampiamente controllata dagli enti preposti e dai gestori degli acquedotti, ma c’è un “però” che spesso viene ignorato.
Forse, è il caso di approfondire un po’ meglio la questione, per capire se serve e come depurare l’acqua del rubinetto di casa.
Non è corretto parlare di depurazione dell’acqua
Se si effettua una ricerca online ci si può imbattere in numerosi articoli dedicati alla depurazione dell’acqua e all’utilità o meno dei sistemi di trattamento delle acque domestiche, ignorando spesso quanto previsto dalla legge.
Infatti, dire di voler depurare l’acqua del rubinetto non è corretto da un punto di vista tecnico, anche se nel comune parlare risulta di più facile e immediata comprensione.
La depurazione è un processo complesso, effettuato da enti e società preposte. Quello che possiamo fare a casa è, piuttosto, un trattamento delle acque.
Il decreto 21 dicembre 1990, n. 443 – sul quale ci soffermeremo più avanti in questo articolo – stabilisce quanto segue:
“Nessuna delle apparecchiature destinate alla correzione delle caratteristiche chimiche, fisiche o microbiologiche delle acque potrà essere propagandata o venduta sotto la voce generica di “depuratore d’acqua”, ma solo con la precisa indicazione della specifica azione svolta (es. addolcitore).”
Cosa vuol dire? Che i produttori di sistemi di trattamento delle acque domestiche non possono e non devono pubblicizzarli come “depuratori d’acqua”, limitandosi ad indicare la funzione specifica, ad esempio addolcitori d’acqua.
Bada bene, questo non vuol dire che queste apparecchiature non sia utili, anzi, ma che vanno presentate per quello che sono.
Noi utilizzeremo l’espressione depurare l’acqua del rubinetto solo per praticità, e per maggiore chiarezza nei confronti di chi legge, ma ci tenevamo a fare questa doverosa precisazione.
Il controllo dell’acqua si ferma al contatore
Come ci ricorda l’Università degli Studi di Milano Bicocca in un documento realizzato in collaborazione con Legambiente Lombardia e Altroconsumo (lo trovi qui)
“Gli acquedotti e le società di distribuzione in genere sono responsabili della qualità dell’acqua fino al contatore dell’abitazione privata. Il tratto dalle tubature domestiche al rubinetto non è di competenza degli enti di gestione; ciò significa che le tubature delle abitazioni, i serbatoi e i rubinetti che potrebbero modificare la composizione dell’acqua (contaminazione chimica o batterica) non sono controllati dagli enti pubblici e la verifica della presenza di eventuali contaminanti è di competenza dei singoli privati.”
Cosa vuol dire?
Che la qualità e la sicurezza dell’acqua potabile viene garantita fino al raggiungimento del contatore, quindi dell’allaccio dell’immobile alla rete idrica pubblica.
Da quel momento in poi, a influenzare la purezza e la qualità dell’acqua è il sistema di tubazioni privato.
Se quest’ultimo è ormai vecchio e deteriorato, se presenta sabbiolina e sassolini, se nel corso degli anni si è corroso, favorendo il rilascio di residui metallici nell’acqua, dipende solo da noi.
Quali sono i parametri analizzati
L’acqua destinata al consumo umano (anche quella imbottigliata) subisce numerosi controlli, come previsto dal Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 31 “Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano”.
I controlli vengono effettuati:
- ai punti di prelievo delle acque superficiali e sotterranee da destinare al consumo umano;
- agli impianti di adduzione, di accumulo e di potabilizzazione;
- alle reti di distribuzione;
- agli impianti di confezionamento di acqua in bottiglia o in contenitori;
- sulle acque confezionate;
- sulle acque utilizzate nelle imprese alimentari;
- sulle acque fornite mediante cisterna, fissa o mobile.
Per garantire la purezza e la potabilità delle acque è necessario analizzare una serie di parametri microbiologici e chimici, che ad elencarli fa un po’ effetto, soprattutto se non si ha conoscenza o competenza in questi ambiti.
Ad esempio, sapere che l’acqua del rubinetto contiene piccolissime quantità di cianuro e arsenico può spaventare, perché tendiamo ad associare questi due elementi a veleni letali.
Non c’è da temere, perché vengono tenuti sotto controllo e entro limiti non nocivi per la salute dell’uomo.
Depurare l’acqua del rubinetto: durezza e residuo fisso
Sapere che le acque destinate al consumo umano, e in particolare quelle che giungono alle nostre case, sono sicure, potrebbe portarci a credere che depurare l’acqua del rubinetto di casa sia una cosa superflua.
In realtà, non è così, e non solo per quanto spiegato prima, ovvero che il controllo di qualità si ferma al contatore di casa.
Infatti, a rendere utile, se non necessario, depurare l’acqua del rubinetto concorre anche e soprattutto il nostro gusto personale.
Capita spesso che l’acqua del rubinetto, per quanto buona in termini biochimici, risulti poco gradevole al palato, perché magari troppo dura e calcarea o dall’elevato residuo fisso.
Che vuol dire?
- la durezza è un parametro che esprime il contenuto totale di ioni calcio e magnesio presenti nell’acqua. Un’acqua dall’elevata durezza risulta pesante e dal sapore sgradevole;
- il residuo fisso, invece, la quantità dei sali minerali disciolti nell’acqua (sodio, potassio, calcio, magnesio, cloruri, solfati e bicarbonati). Questi ultimo sono di essenziale importanza per il nostro organismo, ma un loro eccesso può essere altresì dannoso.
Per ridurre la durezza e il residuo fisso dell’acqua del rubinetto si può optare per apparecchiature ad uso domestico per il trattamento di acque potabili.
Come depurare l’acqua del rubinetto: i sistemi domestici previsti dalla legge
L’espressione “apparecchiature ad uso domestico per il trattamento di acque potabili” è riportata all’interno del decreto 21 dicembre 1990, n. 443, “Regolamento recante disposizioni tecniche concernenti apparecchiature per il trattamento domestico di acque potabili”.
Si tratta di un provvedimento finalizzato ad una regolamentazione dei dispositivi presenti sul mercato.
Al suo interno si trova l’elenco delle tipologie di apparecchi per il trattamento delle acque domestiche.
Vediamole insieme, con l’aiuto anche del rapporto dell’Università Bicocca menzionato all’inizio.
Addolcitori a scambio ionico
Gli addolcitori acqua a scambio ionico sono quelle apparecchiature finalizzate a sostituire gli ioni costituenti la durezza dell’acqua – ovvero gli ioni di calcio Ca++ e magnesio Mg – con ioni di sodio.
L’acqua, privata del carbonato di calcio, perde la sua durezza iniziale diventando “più dolce”.
L’obiettivo è diminuire o eliminare la formazione di depositi calcarei, consentendo anche un risparmio energetico e una riduzione nell’impiego di detersivi anti calcare.
Il decreto 443 interviene anche per assicurare che “l’acqua potabile così trattata non venga addolcita al di sotto dei livelli previsti dalla normativa vigente e non venga sottoposta a rischi di inquinamento o di peggioramento della qualità originaria”.
Infatti, anche se un’eccessiva durezza può risultare sgradevole, questo non vuol dire che si debba ridurre al minimo o eliminare del tutto, anzi.
Un’acqua troppo dolce potrebbe causare danni al nostro organismo, ma anche ad alcuni materiali dell’impianto o delle stoviglie.
È di fondamentale importanza non scendere mai al di sotto dei 15 -20 °F, l’unità di misura impiegata per misurare questo tipo di parametro.
Sistemi ad osmosi inversa
I sistemi ad osmosi inversa sono quelle apparecchiature che operano – come suggerisce il termine stesso – sulla base del cosiddetto principio dell’osmosi inversa.
Si tratta di un processo chimico-fisico di permeazione attraverso una membrana semipermeabile, allo scopo di ridurre il tenore salino dell’acqua.
Semplificando al massimo, si utilizza una sorta di filtro che permette di trattenere tutte quelle sostanze che si vuole rimuovere o ridurre dall’acqua.
Filtri a carbone attivo
I filtri a carbone attivo sono quelle apparecchiature contenenti carboni di tipo vegetale o Minerale, dotati di effetto assorbente.
Sono, generalmente, impiegati per eliminare sgradevoli sapori connessi con il trattamento dell’acqua con cloro o suoi derivati, o come rimedio per eliminare alcuni micro-inquinanti chimici.
Filtri portatili
I sistemi basati su filtri portatili sono quelli più semplici e diffusi, caratterizzati dalla presenza di una caraffa contenente un filtro.
Questo filtro, quasi sempre a base di carbone attivo, assorbe calcio, magnesio, cloro, pesticidi e agenti inquinanti organici migliorando l’odore e il sapore dell’acqua.
E’ un’ottima soluzione per ridurre l’impiego e il consumo di bottiglie di plastica, perché la caraffa è riutilizzabile e lavabile.
Ricordiamo che solo un’accurata pulizia della caraffa e dei filtri acqua può garantire la sicurezza dell’acqua, evitando proliferazione batterica e deposito di elementi esterni.
Sistemi di filtrazione verticale
I sistemi di filtrazione verticale delle acque consistono nell’installazione di apparecchiature chiuse, spesso connesse ad una funzione di gasatura dell’acqua – ottenendo, così, acqua frizzante dal rubinetto – che presentano al loro interno sia filtri a base di carbone attivo sia una piccola lampada a UV.
Quest’ultima opera un’azione disinfettante aggiuntiva, migliorando la qualità microbiologica dell’acqua e riducendo il rischio di contaminazione.
Conclusioni
Depurare l’acqua del rubinetto di casa – o, meglio, trattare l’acqua – può risultare utile a determinate condizioni, a patto che si identifichi l’apparecchio più idoneo alle proprie esigenze.
Per questo, sarebbe opportuno fare una verifica della qualità dell’acqua di casa, per capire se e come procedere.
Se hai bisogno di assistenza nella scelta, dai uno sguardo alle nostre proposte e non esitare a contattarci per maggiori informazioni.