Il benessere termico è un fenomeno alquanto complesso da spiegare, perché coinvolge principi fisici, biologici, chimici, senza dimenticare il ruolo degli impianti di climatizzazione nel raggiungimento di un certo grado di comfort climatico.
In effetti, capita molto spesso, nelle nostre case così come negli uffici e nei luoghi pubblici, di avvertire un certo disagio, un malessere termico, che si traduce in una sensazione di caldo e/o freddo.
Volendo semplificare, potremmo dire che il benessere termico si raggiunge nel momento in cui il soggetto, all’interno di un ambiente chiuso, prova una sensazione di agiatezza dal punto di vista climatico, ovvero non sente né caldo né freddo.
Purtroppo, non è così facile raggiungere questo livello di comfort climatico, non senza l’impiego di sistemi di climatizzazione.
Approfondiamo insieme.
Comfort ambientale e benessere termico (o termoigrometrico)
Quando si parla di benessere termico ci si muove all’interno di un concetto più ampio, quello di comfort ambientale.
Quest’ultimo non riguarda solo la temperatura, ma anche altri fattori che incidono sul nostro benessere abitativo:
- benessere termico o termoigrometrico;
- benessere respiratorio olfattivo;
- benessere visivo – illuminotecnico;
- benessere acustico.
In questo articolo ci concentreremo solo sul primo punto dell’elenco, ovvero sul benessere termico, che può essere definito in questo modo:
“Stato di neutralità termica, in cui il soggetto non sente né caldo né freddo.”
Un’altra definizione molto utile è quella fornita dalla ASHRAE (American Society of Heating Refrigerating and Air Conditioning Engineers)
“Il benessere è quella condizione mentale che esprime soddisfazione nei confronti dell’ambiente termico”
La condizione di disagio termico può essere causata dalle seguenti variabili:
- disagio per il caldo o per il freddo;
- raffreddamento o riscaldamento, indesiderato, di una particolare parte del corpo;
- differenza di temperatura troppo elevata tra la testa e le caviglie;
- pavimento troppo caldo o freddo;
- asimmetria radiante, ovvero una differenza di temperatura nei vari punti dell’ambiente (pareti, soffitto, pavimento, ecc…);
- un’energia metabolica troppo elevata nel soggetto. Il nostro metabolismo non è altro che la capacità di trasformare l’energia chimica accumulata tramite l’alimentazione in altre forme di energia, come il calore;
- abbigliamento non adeguato.
Benessere termico: il ruolo della percezione individuale
Uno dei grandi problemi nel raggiungimento del benessere termico in casa è da individuare in un elemento incontrovertibile: ogni individuo percepisce il caldo e il freddo in modo diverso.
Ti sarà sicuramente capitato di essere in una casa insieme ad altre persone, ognuna con una diversa percezione della temperatura.
Si tratta di un fenomeno assolutamente normale, perché il benessere termico individuale dipende dallo stato psicofisico, che varia di persona in persona.
Certo, quando fa molto freddo o molto caldo è probabile assistere ad una percezione alquanto condivisa, che viene però meno nel momento in cui si accende l’impianto di raffrescamento e/o riscaldamento.
A quel punto, iniziano a emergere le singolarità, con alcuni individui che avvertono o troppo caldo o troppo freddo.
Questo non vuol dire, però, che non sia possibile raggiungere un livello di benessere termico globale, tale da soddisfare tutte le persone presenti all’interno dell’ambiente chiuso.
Benessere termico: le variabili che lo influenzano
Abbiamo spiegato che il benessere termico consiste in una neutralità termica, che si raggiunge nel momento in cui non si avverte né freddo né caldo.
Inoltre, abbiamo chiarito che questa sensazione di benessere varia negli individui, in base a diversi parametri psicofisici.
In particolare, esistono due variabili che influenzano in modo netto il benessere termico in casa:
- Attività del soggetto:
- attività fisica svolta, con relativo dispendio metabolico;
- vestiario indossato.
- Condizioni oggettive:
- la temperatura a bulbo secco dell’aria: è l’effettiva temperatura dell’aria, misurata con un termometro normale;
- la temperatura media radiante, che misura lo scambio di temperatura tra l’uomo e l’ambiente;
- l’umidità dell’aria;
- la velocità media relativa dell’aria.
Ricordiamo che il corpo umano ha una eccellente capacità termoregolatrice, che mantiene la temperatura tra i 36°C e i 37°C. Questa temperatura, però, è il risultato del calore prodotto dal nostro corpo e della quantità di calore scambiata con l’ambiente circostante.
Questo vuol dire che al variare della temperatura ambientale il nostro corpo deve fare uno sforzo per raggiungere il benessere termico.
Come climatizzare casa per il benessere termico
Molto spesso si commette l’errore di impostare il climatizzatore in estate o in inverno a temperature eccessive (quindi troppo basse o troppo alte), creando uno scompenso e aumentando il rischio di shock termico quando si entra o esce dall’ambiente climatizzato.
In effetti, è interessante far notare come le due zone di benessere termico – quella estiva e quella invernale, quindi – si sovrappongono leggermente intorno ai 23°C/24°C.
Cosa vuol dire?
Che in estate, se si indossano abiti adeguati e non si svolge attività fisica moderata o intensa, il soggetto può avvertire una sensazione di fresco in un ambiente con una temperatura tra i 23 e i 24°C.
Lo stesso accade in inverno, ovviamente indossando abiti adeguati alla stagione.
Questo cosa ci fa capire? Che per raggiungere il livello di benessere termico desiderato è sufficiente impostare il climatizzatore intorno ai 23-24°C, con una tolleranza di 2-3 gradi.
Ovviamente bisogna sempre considerare le reali condizioni strutturali dell’ambiente nel quale ci si trova (spifferi, asimmetria radiante, dimensioni, ecc..).
In alcuni casi, ad esempio, potrebbe essere sufficiente ridurre il tasso di umidità in casa, attivando il deumidificatore; in altri, invece, un abbigliamento adeguato e un ricircolo dell’aria potrebbero garantire un certo benessere termico.